Spiega Wikipedia: "L'autoedizione è la pubblicazione di un libro (o altra opera editoriale) da parte dell'autore, senza passare attraverso l'intermediazione di un editore. Si distingue sia dalla normale edizione sia dall'edizione a spese dell'autore. Nel primo caso le spese sono a carico dell'editore, che si incarica di realizzare e distribuire l'opera, promettendo una remunerazione del diritto d'autore in genere in forma percentuale. Nel secondo caso, quello dell'editoria a pagamento, esiste sempre la figura dell'editore, ma le spese sono sopportate dall'autore o da chi lo sponsorizza. Nel caso di autoedizione l'autore, invece, si incarica di seguire tutte le fasi della realizzazione dell'opera".
Un'autoedizione, quindi, è una via d'alternativa. Chi la pratica sceglie di non appoggiarsi a nessuno per pubblicare (in senso etimologico: rendere pubblico) un suo lavoro; – vuole invece mantenere la possibilità di decidere egli stesso su ogni aspetto della propria opera.
Noi rifuggiamo l'idea che il nostro scritto sia da considerarsi innanzitutto come una merce, crediamo a una cultura svincolata dalle imposizioni del mercato e non accettiamo di sottostare a quelle stolide logiche che guidano oggi gli editori nostrani.
Inoltre riteniamo assurda la gigantesca sproporzione che esiste fra la ripartizione degli introiti di un'opera, dei quali all'autore spetta sì e no il dieci percento. La nostra scelta ci permette invece di non dover delegare a nessuno la fissazione del prezzo di copertina, che vogliamo accessibile ai più – e che col tempo ci prefiggiamo di abbassare ulteriormente.
Ripetiamo: questa non è un'auto-pubblicazione, cioè una canonica pubblicazione a pagamento, nella quale l'autore finanzia l'editore per occuparsi di quegli aspetti che dicevamo sopra (fra l'altro, solo a noi sembra che i ruoli pagante/ricevente dovrebbero essere precisamente opposti?)... No, qua stiamo parlando di una pubblicazione realizzata interamente da noi e interamente a costo zero. Abbiamo fatto noi stessi o affidato a persone di nostra conoscenza tutto ciò che di solito è appannaggio dell'editore: revisione, illustrazione della copertina, editing, diffusione. Saremo noi stessi a pensare ai luoghi e ai modi di presentazione del romanzo, cercando spazi di aggregazione prima che di vendita, mirando a contesti in cui avviare discorsi piuttosto che a uditorî.
Rifiutiamo cioè di delegare a chicchessia la promozione del nostro libro, che infatti stiamo facendo da soli, con metodi nostri.
Pensiamo che sia ora di ricalibrare lo sguardo: che cessi di apparire come insostituibile il ruolo degli editori tradizionali, dei mercificatori di professione, dei controllori di ogni specie. Il nostro libro e il modo in cui è stato pubblicato vogliono essere anche un contributo in tal senso.
Col termine Copyleft si indica un modello di gestione dei diritti d'autore basato su un sistema di licenze attraverso le quali il creatore di un'opera indica ai fruitori che essa può essere utilizzata, diffusa e spesso – come nel nostro caso – anche reinterpreta a piacimento, pur nel rispetto di alcune condizioni essenziali.
Le condizioni essenziali da noi poste sono quelle della Licenza Creative Commons "Attribuzione - Non commerciale" che, in breve, indica che il libro e i contenuti del sito possono essere liberamente e gratuitamente riprodotti da chiunque e su qualunque supporto o piattaforma, purché non a scopo commerciale e a patto che venga in qualche modo citata la fonte. (L'opera può inoltre essere modificata ed è possibile basarsi su essa o parte di essa per nuovi lavori, purché ci si attenga alle stesse condizioni).
[Per informazioni più dettagliate sulle licenze Creative Commons rimandiamo al link presente in fondo alla pagina].
Licenze tipo questa sono state create per consentire all'autore di non riservare per sé tutti i diritti di un'opera, ma di cederne alcuni alla collettività.
Tale idea scaturisce tanto dalla volontà di trovare nuove e più immediate forme di condivisione dei lavori artistici e in generale delle produzioni culturali, quanto dall'intento di dare la possibilità a chi vuole farlo di offrire una propria opera alla comunità, al patrimonio intellettuale comune.
Mentre il Copyright – il sistema "classico" di protezione del diritto d'autore; per avere il quale (dettaglio non di poco conto) è necessario versare dei soldi alla SIAE... –, mentre il Copyright, dicevamo, si basa sulla formula: all rights reserved, il Copyleft dice invece: some rights reserved. E quel some, nel nostro caso, è composto da due soli punti: la necessaria citazione della fonte e la non finalità di lucro.
Scegliendo di rifiutare il Copyright, stiamo dando la possibilità a chiunque di fare aperto uso delle nostre parole, senza che quel qualcuno sia tenuto a chiederci il permesso e, soprattutto, senza che per poterlo fare sia costretto a pagare.
Le opere artistiche e culturali nascono libere. Chiunque provi a ricondurle a pratiche stantie, a renderle prodotto di scambio, a costringerle in qualsivoglia forma, – per noi è in torto.
Pensiamo che in quest'epoca di transizione servano pratiche nuove e approcci radicali, e ci pare che sia opportuno, se non proprio necessario, fre il possibile per rendere liberamente fruibili da tutti le opere artistiche e dell'ingegno umano, soprattutto quelle prodotte al di fuori dei circuiti tradizionali.
Ecco perché abbiamo deciso di rendere disponibile in download gratuito dal nostro sito il pdf di "Mahatma. Storia di un intoccabile".
In questo modo, chiunque ha la possibilità di scaricarlo, leggerlo, sfogliarlo, cestinarlo o riproporlo senza spendere un soldo.
Fondamentalmente perché ci piaceva così. La copertina e tutte le illustrazioni all'interno sono state realizzate dal disegnatore Nicolò Tofanelli, di cui è possibile sapere di più sulla pagina Percorsi.
Abbiamo deciso di avvalerci di un artista per dare al nostro lavoro un abito in grado di arricchirlo e completarlo. Notiamo come sempre più spesso le copertine dei libri in uscita tendano a omologarsi, a risultare simili quando non proprio identiche le une alle altre. Con la nostra scelta noi intendiamo anche segnare distanza dall'idea di libro come prodotto di consumo uguale a tutti gli altri, destinato più a un supermercato che a una libreria o a una biblioteca.
Inoltre, nel romanzo vengono raccontati luoghi e personaggi che, sebbene famosissimi in Asia e nei Paesi del Commonwealth, non posseggono una collocazione precisa nell'immaginario di tanti lettori italiani. Le illustrazioni, quindi, oltre ad abbellire il nostro lavoro (perché di bellezza, prima di tutto, vogliamo parlare), servono anche ad aiutare chi legge a orientarsi tra personaggi storici e città ancora poco conosciute.
Per chi si facesse questa domanda, l'invito, per la verità piuttosto scontato, è a leggere il romanzo. Riassumere in poche righe i perché di questa scelta sarebbe per forza di cose troppo riduttivo. E inoltre il nostro non è solo un libro "contro" Gandhi, ma racconta una storia sepolta, quella degli intoccabili indiani e delle loro battaglie, vicende nelle quali la Grande Anima esercitò principalmente il ruolo di antagonista.
Per volere comunque dire già due parole, e nella disvelata speranza di accendere, con questo, curiosità, chiariamo come un nostro scopo sia quello di mostrare quanto falsa è l'immagine che di Gandhi si ha in Occidente e come invece si trattasse di una personalità sostanzialmente negativa. Affermiamo questo per molteplici ragioni, che per motivo di spazio non riportiamo qui ma che nel libro sono chiaramente approfondite... Intanto possiamo però asserire che Gandhi fu strenuo difensore del sistema di divisione in caste della società indiana e che intraprese dure battaglie politiche e religiose contro il movimento dei fuoricasta, facendo uso anche di strumenti coercitivi come gli scioperi della fame (fortissime armi di ricatto, altro che atti di coraggio antibritannici!) per opporsi alla loro elevazione sociale, culturale e politica. Diciamo inoltre che Gandhi si prodigò sempre per tutelare gli interessi politico-economici dei latifondisti e dei grandi industriali e quelli politico-religiosi delle élite induiste (si legga: i suoi finanziatori) e che tramite studiate manovre mediatiche riuscì a celare il profondo conservatorismo delle sue posizioni schermandole con i vaghi termini di pace, amore, nonviolenza...
Sarebbe una domanda più che legittima. Dai libri di scuola agli articoli di giornale, dalle pubblicità alla toponomastica, passando per saggi, romanzi e opuscoli, quasi tutto quello che è stato finora prodotto attorno alla figura di Gandhi ha connotazioni smaccatamente positive e agiografiche. Le rare pubblicazioni esistenti che accennano ai lati oscuri del Mahatma non sono mai arrivate al grande pubblico, e l'idea che ancora si ha di lui è in massima parte quella di un Buono con la bi maiuscola, di un santo fra gli uomini...
E tuttavia qualcosa si muove: negli ultimi mesi (di mesi, e non di anni parliamo) scrittori, storici, sociologi e giornalisti si stanno interessando al tema e stanno cominciando a pubblicare materiale con l'intento di mettere in luce le contraddizioni della vita di Gandhi, del suo pensiero e della storiografia su di lui.
È in special modo in India, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti che il dibattito sull'argomento sta iniziando a farsi vivo, ma anche in Italia si intravede l'alba della discussione grazie a certi (pochi, ma brillanti) studi specialistici.
Diverse scoperte di cui abbiamo letto, e molte altre che abbiamo fatto, a noi paiono interessantissime: e così abbiamo scritto un libro in cui le raccontiamo.
Nel romanzo ci sono fatti accaduti, dialoghi realmente avvenuti, lettere effettivamente spedite; ma vogliamo anche precisare che è pur sempre di un romanzo, appunto, che stiamo parlando, – con la funzione di suscitare domande, anche scomode e fastidiose, piuttosto che di dare risposte a temi e questioni ancora da sviscerare.
Per realizzare questo lavoro ci sono occorsi più di quattro anni, tre dei quali spesi in ricerca. Diciamo questo non per "provare" l'attendibilità storica del nostro lavoro (della quale, comunque, non dubitiamo), bensì per segnalarne la parzialità: nelle nostre parole vuole essere contenuto anche un implicito (adesso esplicito) invito all'approfondimento, magari a un approfondimento collettivo e coordinato sui temi attorno a cui abbiamo finora girato e in particolare sulla costruzione del mito di Gandhi.
Per più di settant'anni è stato portato avanti un unico modo di guardare a questo personaggio, così noto e così cruciale nella storia del Novecento... Non sarà forse ora di andare più a fondo?